Palazzo Comunale

Il comune di Romanisio, il maggiore degli abitati che diedero vita a Fossano e che già era retto, nei primi decenni del Duecento, da podestà, non aveva una propria sede per l’esercizio delle attività municipali. Esso faceva per lo più riferimento al principale spazio ecclesiastico, la canonica di San Pietro e San Giovenale (nel 1193 e nel 1224). Anche nei primi tempi dopo la fondazione (1236), Fossano sembra priva di un palazzo comunale. Le riunioni consigliari avvengono inizialmente nella chiesa di San Giorgio (1240, 1245), primo patrono del borgo, e quindi, probabilmente dal momento in cui il cantiere fu reso accessibile, nella nuova canonica di Santa Maria e San Giovenale (nel 1248 e nel 1250), creata dal trasferimento di quella di Romanisio ed eretta sulla platea comunis (tanto da essere anche definita nei documenti duecenteschi come ecclesia Sancte Marie de Platea). L’uso di tale edificio ecclesiastico è documentato anche nel 1252, per la cessione della giurisdizione da parte di un signore rurale a favore del comune, raccolta dal podestà fossanese.

Anche se la documentazione fossanese predilige date topiche che rimandano in maniera generica al borgo (“in Foxano”), l’esistenza di una domus comunis a due piani è accertata nel 1255 (super solarium comunis). Essa doveva insistere sulla succitata platea comunis, la cui denominazione (“piazza del comune”), documentata dal 1253, potrebbe suggerire che l’edificio fosse già esistente o, come sembra più probabile, avesse preso vita proprio in quegli anni di profondo rinnovo della facies urbanistica fossanese. Abbiamo visto che l’uso della canonica sulla platea inizia fra il 1245 e il 1248, nello stesso periodo in cui era stata conclusa la cinta muraria del borgo, con l’apposizione dell’epigrafe commemorativa della fondazione sulla porta di Sarmatorio (1246-1247). Proprio nel febbraio 1253, inoltre, il podestà, l’astigiano Guglielmo Laiolo, aveva fatto ratificare alle quattro comunità originarie, Romanisio, Villamairana, Ricrosio e Salmour, la messa in comune dei loro diritti con l’avvenuta fondazione del borgo: si può meglio comprendere, in un contesto di forte persistenza delle identità demiche originarie, la necessità di iniziative che, anche sul piano simbolico, rafforzassero l’esistenza di un governo centrale, come appunto poteva essere la creazione di un central place per il potere civico, il palazzo comunale. Pensare a un podestà astigiano costruttore di palazzi comunali in quest’epoca è peraltro tutt’altro che improbabile: sebbene infatti Asti prediliga poco questo modello edilizio, proprio in quel torno di anni aveva dato vista a un palacium novum, documentato per la prima volta nel 1251. Dopo il 1253 cessa l’uso di spazi alternativi, ecclesiastici e privati, per i documenti comunali.

Nel 1277 è attestato per la prima volta il palacium comunis (il notaio, Francesco de Benengo è autore in quegli anni di un corpo di cinque trattati politici confluiti nel Liber iurium astense, in cui compare anche la prima attestazione del palacium di Cuneo). L’attestazione, all’indomani dell’uscita dalla dominazione angioina e in un periodo di rafforzamento del comune di popolo (le società popolari compaiono nel 1269, ma si erano forse eclissate nella parentesi angioina tra il 1270 e il 1275-6), associa dunque ai possibili interventi edilizi una connotazione ideologica, intesa a sottolineare la sovranità comunale.

Ad ogni modo, i documenti successivi al 1277 usano correntemente la parola palacium per indicare la sede comunale, anche se episodicamente torna l’espressione domus comunis. Al piano superiore dell’edificio si tenevano i consigli (1279, 1287, 1313) e nel 1290 si svolge l’elezione del nuovo podestà. Quest’ultimo, come dimostra una lettera d’incarico del 1282, tra i benefici connessi al suo mandato aveva l’habitamentum domus comunis consuetum. Al piano inferiore dell’edificio, in uno spazio porticato contrassegnato dalla presenza di una pertica, che veniva ritenuto facente parte del palazzo, si amministrava invece la giustizia (1279: “intra palatium comunis ubi ius redditur”; 1287: “ubi ius redditur subter palacium”; “sub porticu domus comunis Foxani ubi ius redditur ad perticam”). Almeno dal 1304 – ma potrebbe essere un elemento originale del palazzo – è documentata la presenza di una torre (o bicocha) adiacente al palazzo comunale e provvista (da testimonianza del 1330) di campana: «la sola costruzione esterna al filo della strada», che «risultava immediatamente percepibile fin dalle porte urbiche, come l’edificio più alto del luogo e la sola torre esistente fino a quando (1313) Filippo d’Acaia non divenne signore di Fossano». Sono attestati lavori alla torre nel 1644, quando viene innalza di un livello (Morosi 2010-2011, p. 105). Tale torre fu demolita nel 1812. Il palazzo è invece stato identificato nell’attuale palazzo di Città, di cui sono visibili soprattutto le fasi sei-settecentesche.

Durante le dominazioni sovralocali del Trecento il palazzo continuò a essere sede del potere civico. Nel 1309, la sottomissione prestata dagli ufficiali locali angioini di Fossano agli emissari di re Roberto avvenne in uno spazio porticato dove si esercitava la giustizia (“subtus porticu ubi ius redditur”), probabilmente lo stesso antistante al palazzo comunale. Sotto gli Acaia, a cui il borgo si sottomise nel 1314, il palazzo mantenne le funzioni di luogo di svolgimento dei consigli, mentre gli ufficiali signorili presero residenza all’interno di una domus domini anch’essa affacciata sulla platea. Fu modificata la decorazione pittorica, con l’apposizione degli stemmi sabaudi, a testimonianza di una pratica di sovrapposizione dei simboli signorili a quelli comunali rinvenibile anche in altri edifici pubblici dell’area (es. Savigliano).

Lo studio ricostruttivo della forma del palazzo è possibile grazie alla documentazione grafica di età moderna. Il palazzo è coinvolto da un progetto di riplasmazione di Mario Ludovico Quarini, incaricato nel 1779, i cui elaborati sono conservati presso la Cassa di Risparmio di Fossano e nell’Archivio Storico Comunale in cpia conforme di Caro Roccatagliata, del 1780; i lavori iniziano tempestivamente nella parte sud, ossia la casa privata acquistata nel 1779 per ampliare il comune, ma si arrestano nel 1781, per essere ripresi solo durante il governo francese. La perizia di Pietro Bernardo Scala offre una descrizione dettagliata dei dissesti del vecchio palazzo comunale, di cui si richiede la demolizione, nel 1808 e nel 1810, quest’ultima corredata da 11 tavole grafiche esplicative; urgenza maggiore è la demolizione della torre, con il relativo piccolo arco ogivale sottostante, autorizzata nel 1812 (documenti in ASCF, Atti notarili, s. III, vol. 74, discussi da Morosi 2010-2011, pp. 108-110; disegni in ASCF, Disegni architettonici, fondo Antico Regime 10.1.1. e fondo Repubblica Francese 10.1. (figg. 1-3 di Morosi 2010-2011) e sarà ripreso e completato il progetto di Quarini. Il rilievo di Scala restituisce le arcature ogivali al livello del piano terreno, cui si affianca la più piccola arcatura sotto la torre, che sporge verso la platea. L’analisi del quadro fessurativo e degli spessori murari rilevati da Scala (Longhi 2010) consente di ipotizzare la collocazione della torre medievale, non corrispondente a quella esistente nell’Ottocento, ossia in posizione avanzata rispetto sia al fronte principale del palazzo, sia a quello laterale, ma risultata successivamente arretrata rispetto al filo dei portici moderni e già mozzata.; la lettura corrobora l’ipotesi di Bonardi (2003, p. 57) relativa alla forte visibilità della torre di Fossano e di Cherasco dalle porte di ingresso sottese alla crociera principale.


Autori

Andrea Longhi; Riccardo Rao

Scheda di Palazzo Comunale
Nome Palazzo Comunale
Denominazioni antiche Domus communis Foxani
Riconoscibilità partly

Geolocalizzazione
Località Fossano